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Genitorialità e Neurodiversità
Il paradigma della neurodiversità – DIVERSI bisogni, per persone DIVERSE!


Il paradigma della neurodiversità sottolinea come nel mondo ci siano diversi tipi di cervelli e diversi stili di funzionamento della mente. Chi può stabilire che uno sia più “giusto” o “normale” di un altro? Al più, per un discorso di numerosità, si può dire che un certo tipo di struttura cerebrale può essere considerata tipica, mente altri cervelli essere neurodiversi (es. autismo, ADHD, dislessia, ecc.).

I princìpi del paradigma della diversità:
  1. La neurodiversità, intesa come la diversità dei cervelli e delle menti, è naturale;

  2. Non c’è un “normale” o un “giusto” cervello o mente, così come non ci sono “normali” o “giuste” etnie, culture o orientamenti;

  3. Le dinamiche sociali nei confronti della neurodiversità, manifestano caratteristiche e atteggiamenti simili a quelli che riguardano altre forme di diversità (es. diversità di cultura, di orientamento sessuale). Queste dinamiche guidano il modo di approcciarsi alla diversità, che tendenzialmente è vista come qualcosa da gestire e controllare o emarginare. Se la diversità, invece, fosse un arricchimento?!

  4. Per comprendere l’effetto che un’azione sta avendo su una persona è necessario verificarlo con la persona stessa; includere, quindi, le persone nelle scelte e nelle discussioni che le riguardano (Nothing About Us, Without Us).
Il paradigma che si contrappone a quello della neurodiversità è il paradigma della patologia. Quest’ultimo parte dall’assunto che esiste un funzionamento principale, “corretto”, accettabile e riconoscibile come quello “giusto”. Non avere un cervello e una mente che rispecchino questo funzionamento, fa sì che la società e, spesso, di conseguenza, l’individuo stesso, pensino: “c’è qualcosa di sbagliato in te” (Something Wrong With You).
 
Come essere genitori in un mondo che tende al paradigma del “giusto o sbagliato”?

Primo step. Riconoscere le diversità come risorsa, nel proprio figlio neurodiverso, o in sé stessi, se genitori neurodiversi.

Secondo step. Conoscere e comprendere i criteri e le caratteristiche della cultura di appartenenza: neurotipica e neurodiversa.

Terzo step
. Lavorare su un linguaggio condiviso che sia “a metà strada” (Half Way) tra modi diversi di comunicare, quando possibile; oppure, posizionarsi su un punto di incontro sostenibile per entrambe le parti.

Quarto step. Favorire la comunicazione e la comprensione RECIPROCA dei bisogni e di regole, di convivenza e di tutela.

A prescindere, è necessario e doveroso tutelare l’identità della persona, intesa come possibilità di essere chi si è!


Come faccio a tutelare mio figlio in un mondo che non è interessato a comprenderlo? 

È vero, spesso non c’è interesse a comprendere cos’è e cosa comporta la neurodiversità; in questo senso, a maggior ragione, è importante l’intervento della rete e che questa sia unita e coerente. Ad esempio, la scuola sarà più propensa ad accogliere dei suggerimenti, se questi sono già stati sperimentati a casa e si sono rivelati funzionali e sostenibili.


Non voglio che si senta diverso.. 

Questo è inevitabile. È diverso. Invece di concentrarsi unicamente sulle difficoltà che accompagnano la diversità, perché non sottolinearne gli aspetti positivi? Inoltre, sensibilizzare i diversi contesti alla diversità, favorisce una maggiore accettazione. In un mondo che tende ad omologare, spesso ci si dimentica che ognuno ha le sue particolarità!