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La sfera emotiva e i DSA
  


Le emozioni sono una componente dell’esperienza, dalla quale non si può prescindere. Possono avere una connotazione positiva o negativa, ovvero possono evocare un ricordo di un’esperienza che è stata vissuta e accompagnata da sensazioni piacevoli (felicità, tranquillità, gioia, entusiasmo, ecc), oppure memorie di eventi spiacevoli, che causato una sensazione di malessere (paura, ansia, agitazione, spavento, rabbia, ecc).



La vita scolastica è piena di emozioni, spesso anche forti, che sono legate all’immagine che l’alunno ha di sé. L’impegno nello studio e le abilità personali sono valutate dal soggetto che si attribuisce, in base all’esperienza passata e ai pensieri legati al compito, una determinata probabilità di successo o di insuccesso. Il raggiungimento di risultati positivi aumenta la soddisfazione personale e la stima di sé, e restituisce al bambino un’immagine di se stesso competente; le difficoltà, in particolare se si ripresentano nel tempo, sono invece causa di sensi di colpa, vergogna, senso di inadeguatezza, e possono portare all’apatia e ad un calo motivazionale. 
 
Le emozioni connesse all’insuccesso sono molto intense negli alunni che hanno un disturbo specifico dell’apprendimento! Si pensi, ad esempio, a un bambino che presenta delle difficoltà di apprendimento (ad esempio, causate dal metodo di insegnamento) o un DSA, in entrambi i casi non riconosciute o sottovalutate: quotidianamente è chiamato ad affrontare l’agitazione e la paura di non riuscire a portare a termine il compito richiesto, e la vergogna per l’errore, che proprio non riesce e non sa come evitare. Questo bambino comincerà a costruire un’immagine di sé come incompetente e incapace di affrontare specifici compiti. Il solo pensiero o la prospettiva di dover affrontare una determinata attività o materia, fa rivivere le emozioni dal tono negativo provate in precedenza e la sensazione di fallimento, fino ad arrivare al punto in cui a priori il bambino deciderà di evitare quel compito, perché non si sente capace di portarlo a termine.
Questi vissuti sono complessi da comprendere e carichi di emozioni, per capire meglio di cosa si tratta propongo un testo (inventato), che ha l’intenzione di riprodurre il dialogo interno di una bambina che si interroga sulle sue sensazioni, emozioni e pensieri, cercando di dare un senso e un significato a ciò che accade, senza ancora sapere che ciò che le succede è dovuto ad un probabile disturbo dell’apprendimento e che dovrebbe essere aiutata: 
“Andrea è una bambina che frequenta la seconda elementare. Ogni mattina, come tutti i suoi compagni, si sveglia presto per andare a scuola, ma quella mattina alzarsi dal letto per lei è stato più difficile di tutti gli altri giorni. È molto triste e ripensa al giorno prima, quando la maestra ha chiesto alla classe di scrivere un brano, che lei avrebbe dettato. Mentre la maestra leggeva il testo prima di dettarlo, Andrea era molto divertita, le sembrava semplice e la storia le piaceva molto: era la prima volta che facevano quell'esercizio. Quando è iniziato il dettato, è successo qualcosa che l’ha turbata molto, creando in lei una forte agitazione: sudava, si sentiva confusa, non capiva perché non riusciva a seguire la maestra e perché le venivano tutti quei dubbi. “Si scrive con la o con la ?” “ è tutto attaccato? Oppure, è ?”. Probabilmente la maestra aveva fretta, “Perché dettava il brano così velocemente?”, mentre scriveva non riusciva nemmeno a pensare. Eppure quel brano le era piaciuto molto quando la maestra lo aveva letto: non si sentiva più divertita, solo molto confusa. La sera era rimasta immersa nei suoi pensieri e aveva fatto fatica ad addormentarsi. Questa mattina, quindi, per Andrea era molto difficile alzarsi dal letto, ma non era solo per la stanchezza; per la prima volta, quella mattina, non aveva voglia di andare a scuola dai suoi compagni. La prima ora avrebbe di nuovo avuto la lezione di italiano. Dovevano leggere un racconto tutti insieme. Mentre la mamma guidava verso la scuola Andrea incominciò di nuovo a sudare e a sentirsi confusa; aveva la sensazione che le sue gambe la volessero far correre via, verso casa. Non aveva voglia di raccontare alla mamma come si sentiva, quindi, le disse che era solo un po' stanca. La mamma le diede un bacio e la lasciò davanti alla scuola. Andrea si sentiva sempre più triste, gli occhi cominciavano a essere gonfi e il respiro accelerato. Arrivata in classe, si sedette al suo banco: quella mattina non aveva voglia di chiacchierare con nessuna delle sue compagne. La maestra invitò la classe a prendere il racconto su cui avrebbero dovuto lavorare e chiese se qualcuno voleva iniziare a leggerlo. Adesso anche il cuore le batteva forte e la tristezza si era trasformata in un'altra sensazione, a cui Andrea non riusciva a dare un nome: si sentiva un po' come quella volta che era salita su una giostra, aveva avuto tanta paura quella volta, quando era scesa dalla giostra la testa le girava e il cuore le batteva forte. Dato che non c'era nessun volontario, la maestra chiese a Federico di iniziare a leggere. Andrea fece un sospiro profondo, era come se le avessero liberato il petto da un enorme peso. Sollevò il suo ditino, che era intrappolato in mezzo alle altre dita, e iniziò a tenere il segno, mentre il suo compagno leggeva. Appena Federico ebbe finito di leggere il racconto, Andrea sentì un sorriso comparire sul suo volto. Era estremamente stanca, aveva fatto molta fatica a seguire la lettura del compagno, tanto che ad un certo punto si era limitata ad ascoltarlo, senza seguire più col suo ditino sul foglio. Infatti, le parole lette da Federico erano diverse da quelle che vedeva lei sul suo foglio: essendo lui molto veloce nella lettura, Andrea ha pensato di leggere parole che forse erano già state lette dal compagno. Per questo motivo aveva preferito ascoltare il racconto senza seguire il testo sul foglio. A quel punto suonò la campanella dell'intervallo. Andrea non aveva voglia di mangiare la merenda che le aveva preparato la mamma, ma si avvicinò alla finestra, dalla quale arrivava una leggera brezza: subito si sentì meglio”.

 
Gran parte dei disturbi emotivi che hanno origine nell’esperienza scolastica sono dovuti alla ripetuta e prolungata sensazione di incompetenza, che in situazioni gravi è il passaggio che precede lo sviluppo dell’impotenza appresa (“è inutile provare, tanto non sono capace…”). Un’altra conseguenza, connessa al mancato riconoscimento di queste difficoltà, è la fobia scolare, che può portare all’abbandono scolastico, se il problema continua a non essere riconosciuto e adeguatamente trattato. 
È necessario riconoscere questa sofferenza, che è presente in bambini in cui è stata riscontrata una difficoltà o disturbo dell’apprendimento, ma soprattutto in coloro che non sanno di avere queste problematiche e attribuiscono a se stessi le colpe e l’incompetenza nel portare a termine determinati compiti, sviluppando un’immagine di sé connotata da vissuti emotivamente spiacevoli. 
 
Cosa fare? 
 
La scuola e la famiglia devono essere attente nei confronti dei bisogni dei bambini e nel riconoscere il perpetuarsi di situazioni di insuccesso, interrogandosi sulle cause. 
L’intervento di un professionista può essere richiesto sotto varie forme: 
  • Valutazione e, se necessario, intervento presso strutture pubbliche o presso privati; 
  • Intervento formativo sui disturbi dell’apprendimento per gli insegnanti; 
  • Consulenza, in ambito scolastico o privato, di uno psicologo formato sui DSA; 
  • Intervento psicologico che comprende un sostegno di tipo emotivo, il potenziamento delle risorse a disposizione dello studente e il rinforzo dell’immagine di sé. 
Lo studente che si sente compreso e aiutato, investirà più facilmente risorse nel potenziamento delle sue competenze e sarà meglio disposto a modificare l’immagine di sé, connotandola in senso emotivamente più positivo, avendo la possibilità di connetterla a esperienze di successo.