"Quando si è bambini, si dipende dai propri genitori, e quando si cresce si comincia a dipendere da sé stessi. La gente normale si comporta così, non c’è dubbio, ma a me qualcosa deve essere andato storto. Vorrei dipendere da qualcuno, ma nessuno me lo permette. Da circa sei mesi vorrei avere qualcuno che mi facesse da madre. Qualcuno in cui confidare, qualcuno che prenda le decisioni al mio posto” [Takeo Doi Anatomia della dipendenza, Cortina editore]
La memoria cerebrale è continuamente sottoposta alla ricerca del piacere, questo crea un meccanismo di continua dipendenza, l’aumento di dopamina che ha la stessa valenza di un abbraccio, gioco o assunzione di sostanza. In concomitanza la carenza di ossitocina, trascuratezza del mondo emotivo e dei bisogni, la forte paura dell’abbandono sono promotrici della dipendenza.
Le generazioni più giovani, ancora di più, manifestano questa tendenza chiudendosi in casa, evitando di affrontare questioni cruciali quali la costruzione di relazioni amorose e amicali, lo studio, la scelta di un lavoro, il distacco dalla famiglia.
Gli spazi vitali si riducono sempre più: legati ai videogiochi e alla frequentazione della rete, che danno l'impressione di avere ancora qualche interazione sociale, anche se a tutti gli effetti hanno la caratteristica di essere scambi poveri e che tendono a far perdere la consapevolezza che dall'altra parte dello schermo ci sono altre persone.