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Verità. Cosa raccontare ai bambini?
  


Cosa significa dire la verità? Ogni persona ha un suo personale concetto di verità. Questo varia in base all’età, agli insegnamenti ricevuti, all’esperienza passata.

Si possono trovare diverse definizioni del concetto di verità come diversi sono i criteri secondo cui una persona sceglie cosa dire e come comunicarlo. Alle domande “Cos’è la verità?”, “Quando va detta e quando no?” si possono ottenere tante risposte diverse: in particolare, saranno molto differenti tra loro le risposte che darà un adulto rispetto a quelle di un bambino, e altrettanto diverse saranno le risposte che un bambino troverà nelle diverse fasi di sviluppo, dall’infanzia all’adolescenza.
 
Esempi:
 
“Cos’è la verità?”
 
Adulto:
  • “Dire ciò che si pensa”;
  • “Non prendere in giro l’altro”.
L’adulto spesso associa il concetto di verità a quello di giustizia, soprattutto quando si relaziona con persone adulte.
 
Bambino piccolo:
  • “È una cosa buona”;
  • “Non lo so”.
La verità è un concetto astratto, che i bambini piccoli non comprendono, per questo è importante rispondere ai loro “perché” e spiegare ciò che non sono ancora in grado di capire.

“Quando va detta e quando no?”
 
Adulto:
  • “Dipende dalla situazione e dalla persona che si ha di fronte”;
  • “Dipende dal contesto” (casa, lavoro, ecc.).
L’adulto ha esperienza di molteplici situazioni e ha imparato a relazionarsi in modo differente con l’altro in base alle intenzioni con cui agisce o pensa che agisca l’alta persona.
 
Bambino piccolo:
  • “Lo penso e quindi lo dico”
  • “In passato mi hanno sgridato quindi non bisogna dire questa cosa”, “In passato mi hanno premiato quindi riferirò questa cosa più spesso che posso”.
Il bambino si basa sulla sua esperienza e sui fatti concreti.
 
Come si sviluppa il pensiero del bambino.
 
Il bambino, secondo Piaget (psicologo, pedagogista e filosofo), nei primi anni di vita (2-7 anni) tende a leggere e interpretare il mondo seguendo ciò che lui pensa e sente, senza quindi mettersi “nei panni dell’altro” (egocentrismo). Inoltre, inizialmente, il suo pensiero riguarda oggetti e avvenimenti concreti: si interroga su ciò che vede, sulla realtà. Successivamente, verso i 12 anni, passa ad una modalità di pensiero più astratta, che coinvolge oggetti e persone anche non presenti fisicamente. Nel passaggio tra questi due stadi, inoltre, inizierà a interrogarsi sul punto di vista dell’altro e sulle intenzioni che guidano il suo comportamento, sviluppando una teoria sulla mente dell’altro: questa è una capacità innata ma che si sviluppa e perfeziona a partire dai 4 anni e mezzo circa, in quanto richiede capacità di pensiero molto complesse.
 
Il bambino inizia a comprendere che la verità non può essere limitata all’evidenza, ma che dipende dall’intenzionalità con cui è raccontata: l’acquisizione di questa consapevolezza continua per tutta la vita, i criteri secondo cui si stabilisce se qualcosa è vero o non lo è, cambiano nell’arco della vita.
 
 
I bambini dovrebbero conoscere la verità.
 
Facciamoci una domanda tipica di un bambino: “Perché?”.
Il bambino inizia verso i 4 anni ad interrogarsi sul mondo, per comprendere cosa gli accade intorno e cosa succede quando entra in relazione con altre persone. Nei primi anni sono spinti da impulsi che li guidano nelle loro azioni, fanno qualcosa perché gli va di farlo; quando l’adulto richiede al bambino di frenare uno di questi impulsi, se il bambino è ancora piccolo non comprende l’intenzione dell’adulto, che quindi va esplicitata e spiegata. I bambini, inoltre, imparano attraverso l’imitazione dell’adulto: inizieranno quindi a interrogarsi sul “perché” dei comportamenti e delle richieste che l’adulto gli porta come modello (esempio).
 
Le risposte dell’adulto sono importantissime per il bambino, perché influiscono sulla sua comprensione del mondo, di ciò che accade a lui e agli altri, e favoriscono l’interiorizzazione dei modelli di pensiero e di comportamento genitoriali o della figura di riferimento. Contribuiscono, inoltre, allo sviluppo dell’identità del bambino, aiutandolo ad integrare correttamente le informazioni su di sé e sul mondo.
 
 
 
Ci sono diverse domande che un bambino può fare all’adulto e alcune di queste hanno risposte difficili, come le domande sulla morte, sulle separazioni, sui litigi che vedono in casa, sulla sessualità. È difficile trovare le parole adatte per spiegare al bambino ciò che accade e perché succede, devono essere parole per lui comprensibili, ma è importante dire la verità. La conseguenza di risposte mancate o incomplete potrebbe essere che i bambini, già spaventati o preoccupati, ne cerchino da soli; queste risposte potrebbero essere più angoscianti che una verità difficile da spiegare. L’adulto è il punto di riferimento per il bambino e deve guidarlo e confortarlo nella sua scoperta del mondo e nella comprensione di ciò che accade.
 
La verità è sempre la cosa migliore da dire, la verità è reale! Permettere al bambino di conoscere la realtà. Crea la possibilità per il bambino di definire e sapere cosa succede, nel momento in cui succede; in questo modo può integrare la realtà e le informazioni che man mano apprende. Educare significa formare. Formare è un compito complesso, il cui scopo va compreso e integrato, perché non sia percepito come restrizione esterna o costrizione interna: altrimenti, il rischio è di sviluppare paure e ansie.