Non ci sono le istruzioni!
Nessuno sa a cosa andrà incontro diventando genitore. Non ci sono istruzioni e non ci sono scelte che in assoluto garantiscono il risultato! Le variabili che incidono su come si interpreterà il ruolo di genitore sono tante; non c’è quindi una ricetta che va bene per tutti.
ESSERE VISTO. Il bambino ha specifici bisogni ed è in grado di comunicarli, a suo modo. Il compito del genitore è differenziale questi bisogni dai suoi, sintonizzarsi sullo stato emotivo del bambino e aiutarlo a regolarsi; deve avere fiducia nelle capacità comunicative del bambino e essere in connessione con lui.
ESSERE ACCUDITO. Quando il bambino manifesta un disagio, il genitore interviene. Maggiore è la capacità di vedere i bisogni del bambino, maggiore sarà l’efficacia del genitore nell’accudirlo! È necessario “essere con” il bambino, connettersi con lui. In base alle risposte che riceve il bambino svilupperà un certo grado di tolleranza agli stimoli che provocano in lui disagio (finestra di tolleranza).
ESSERE AL SICURO. Il bambino deve potersi sentire al sicuro quando è con l’altro, che questo sia presente o meno nel suo campo visivo (visibile, controllabile). Un bambino che si sente protetto e al sicuro, si fida del genitore, impara a sopportare piccoli momenti di frustrazione, sapendo che sarà accudito al bisogno. L’ambiente che lo circonda è tendenzialmente prevedibile e le risposte del genitore coerenti con i suoi bisogni e stati interni.
ESSERE SICURO DI SÉ. Sentendosi riconosciuto nei suoi bisogni e supportato, il bambino impara a conoscerli, esternali e man mano nella crescita a provvedervi. Il genitore è pronto ad intervenire ed accudire, ma lascia il bambino libero di esplorare se stesso e l’ambiente circostante: facilitando l’esplorazione si supporta lo sviluppo cognitivo ed emotivo.
Il genitore è la base sicura da cui allontanarsi per esplorare,
ma anche il porto sicuro da cui tornare in caso di bisogno!
Le mani del genitore sono sempre tese al bambino, che sia per lasciarlo andare ad esplorare,
o accoglierlo a sé in caso di necessità.
Quando il bambino mostra una sofferenza?
In concomitanza di eventi che per lui sono fonte di stress.
· Grandi cambiamenti: l’ingresso al nido o alla materna, la nascita di un fratellino o una sorellina, cambiare casa, ecc.
· Rotture relazionali: una sgridata della maestra, mamma e papà che litigano, un compagnetto che fa il prepotente, ecc.
· Diversità: portare gli occhiali, essere più magrolini o più in carne, parlare poco o per nulla, parlare una lingua diversa, avere interessi particolari o comportamenti all’apparenza bizzarri, ecc.
Come manifesta la sua sofferenza?
Difficilmente un bambino sa dire perché sta male, ma SI SENTE male.
Può spiegare il suo malessere dicendo che non ha voglia, che è annoiato, dicendo “no” a qualsiasi proposta, restando in silenzio, ecc.
I bambini quando c’è qualcosa che non va, tipicamente, piangono, ma a volte possono anche urlare, lanciare oggetti, fare il contrario di ciò che gli si chiede, allontanarsi dalla relazione con l’adulto e fare altro, rimanere sovra pensiero, rifiutarsi di parlare, rifiutarsi di farsi toccare, ecc.
Chi si occupa direttamente della sofferenza del bambino in questa fascia di età?
Il genitore o la figura di riferimento, con l’aiuto e il supporto del terapeuta.
In cosa consiste la terapia con i genitori?
Psicoeducazione. Il terapeuta condivide con il genitore le informazioni in suo possesso, con gli obiettivi di aumentare la consapevolezza dei meccanismi che guidano la relazione (cosa e come osservare) e individuare insieme il punto in cui gli ingranaggi si sono bloccati (dove agire).
Osservazione e sperimentazione a casa. Il genitore osserva il bambino e se stesso in relazione con lui (cosa e come osservare); una volta trovato il “blocco” e averlo analizzato in seduta (dove agire) sperimenta le strategie di intervento viste insieme al terapeuta. Il genitore diventa competente al pari del terapeuta nell’intervento con il bambino. L’obiettivo è abilitare il genitore alla gestione del problema e renderlo autonomo.
Video feedback. È uno strumento fondamentale, che fa da ponte tra la psicoeducazione e l’osservazione e sperimentazione a casa. Permette al terapeuta di guidare i genitori nel processo di apprendimento di una strategia di intervento o nell’osservazione del bambino, col fine di comprendere più a fondo il suo malessere.
Dovesse essere necessario conoscere il bambino, questo incontro avverrà in modo graduale, prima a livello famigliare e successivamente, se necessario, in individuale.